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Concentratori di ossigeno: usi e funzionamento

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Concentratori di ossigeno: usi e funzionamento 

Un concentratore di ossigeno è un dispositivo che concentra l'ossigeno proveniente da una determinata fonte (tipicamente l'aria ambiente) fornendo una miscela di gas arricchita di ossigeno.
Generalmente un concentratore di ossigeno fa ricorso alla tecnologia nota come "adsorbimento dell'oscillazione di pressione", un processo fisico per la separazione di miscele di gas mediante adsorbimento sotto pressione.
Questo tipo di apparecchio medicale viene utilizzato ampiamente per la fornitura di ossigeno in applicazioni sanitarie, in particolare quando l'ossigeno liquido o pressurizzato è troppo pericoloso o scomodo, come ad esempio nelle abitazioni private o in altri contesti. 


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Il funzionamento dei concentratori di ossigeno

Il loro funzionamento di basa sul principio del rapido adsorbimento dell'oscillazione di pressione (PSA) atmosferica dell'azoto su un setaccio molecolare di zeolite.
L'azoto viene successivamente rimosso. Questo tipo di sistema di adsorbimento quindi è sostanzialmente un "filtro" per l'azoto che permette agli altri gas atmosferici di oltrepassare senza problemi il setaccio di zeolite.

Al termine di questo processo rimane quindi l'ossigeno ad elevata concentrazione, come gas principale residuo. La tecnologia PSA è una tecnica affidabile, veloce, conveniente ed economica per la generazione di ossigeno in piccola o media quantità, mentre la separazione criogenica si presta maggiormente alla produzione di volumi più elevati.
La zeolite porosa, ad elevate pressioni, adsorbe grandi quantità di azoto, a causa della sua grande superficie di contatto. In un secondo momento, dopo la separazione di ossigeno e degli altri gas che non sono adsorbiti, tramite un ulteriore passaggio l'azoto viene ad essere deadsorbito dal setaccio molecolare.

Un concentratore di ossigeno è semplicemente costituito da un compressore d'aria, due cilindri pieni di pellet di zeolite, un serbatoio di equalizzazione della pressione e alcune valvole e tubi.
Nella prima metà del ciclo un primo cilindro riceve aria dal compressore, per un tempo di circa 3 secondi.
Durante questo tempo la pressione nel primo cilindro aumenta dai livelli di quella atmosferica fino ad una pressione pari a circa due volte la normale pressione atmosferica (in genere 20 psi/138 kPa, ovvero 2,36 pressione atmosferica assoluta) e la zeolite si satura con l'azoto.
Una volta che nel primo cilindro, al termine della prima metà del ciclo, si è raggiunta una concentrazione prossima a quella dell'ossigeno puro (rimangono non setacciate dalla zeolite piccole quantità di argon, CO2, vapore acqueo, radon e altri componenti atmosferici minori), si apre una valvola e il gas arricchito di ossigeno fluisce al serbatoio di equalizzazione di pressione, che è collega al tubo di ossigeno per il paziente.
Alla fine della prima metà del ciclo, si verifica un altro cambiamento di posizione della valvola, in modo che l'aria dal compressore è diretta verso il secondo cilindro. Nel momento in cui l'ossigeno arricchito si muove diretto al serbatoio, la pressione nella primo cilindro scende, la qual cosa permette all'azoto di essere deadsorbito e di tornare a diluirsi nel gas.
Durante la seconda metà del ciclo si verifica un'altra variazione di posizione della valvola che permette al gas presente nel primo cilindro di sfiatare nell'aria ambiente. Nel contempo la concentrazione di ossigeno nel serbatoio di pressione di equalizzazione viene mantenuta e non discende al di sotto del 90% circa.
La pressione nel tubo che trasporta l'ossigeno dal serbatoio di compensazione fino al paziente è mantenuta costante grazie alla presenza di un riduttore di pressione.

Le vecchie unità di concentratori si caratterizzavano per un ciclo di un periodo pari a circa 20 secondi, e erano in grado di erogare fino a 5 litri al minuto di una miscela contenente ossigeno in percentuale superiore al 90%. A partire dal 1999 sono state poste in commercio unità in grado di fornire fino a 10 litri per minuto, con la medesima concentrazione.

Quali sono le loro applicazioni?

I generatori di ossigeno tramite sistema PSA rappresentano una fonte di ossigeno economicamente conveniente. Sono più sicuri, meno costosi, e tendenzialmente più convenienti rispetto ai serbatoi di ossigeno criogenico od alle classiche bombole di ossigeno liquido.
Essi trovano applicazione in diversi campi ed industrie oltre a quella medica, ad esempio in campo farmaceutico, del trattamento delle acque e nella produzione del vetro.

Caratteristiche

I concentratori più recenti sono dispositivi tecnicamente realizzati per erogare aria arricchita di ossigeno fino al 90-95%, con variazioni non superiori a ±3% a seconda dell'entità del flusso.
Si suddividono in concentratori stazionari (la cui sorgente di alimentazione è rappresentata dalla normale rete elettrica) ed in concentratori portatili (con sorgente di alimentazione a batteria).

Per motivi di sicurezza questi dispositivi sono dotati di un sistema di allarme che si attiva allorché, per qualsiasi motivo, l’erogazione di aria arricchita di ossigeno scende ad una concentrazione inferiore all’82%. Sempre per questioni di sicurezza il paziente che utilizza il dispositivo al proprio domicilio, al di fuori di ogni controllo sanitario, viene istruito a ricorrere ad una bombola di ossigeno gassoso in caso di emergenza e a richiedere aiuto qualificato per il controllo e la manutenzione del concentratore.
Il peso e le dimensioni di questi dispositivi sono piuttosto contenuti: le unità attualmente in commercio difficilmente oltrepassano i 3 Kg. Queste caratteristiche rappresentano un reale limite al raggiungimento di flussi di lavoro e di concentrazioni particolarmente elevati.
Tuttavia, anche in presenza di queste limitazioni, queste unità assicurano ottime prestazioni per un’ampia gamma di esigenze.
In particolare in pazienti che presentano capacità di mobilità ridotte, compatibilmente con alcune caratteristiche cliniche, il ricorso a concentratori fissi risulta indicato e particolarmente favorevole sia a domicilio, sia in alcune struttura sanitarie a valenza ospedaliera o territoriale (ad esempio in alcune case di cura di tipo riabilitativo e in residenze sanitarie assistite -RSA).

Come già sopra accennato la terapia con ossigeno da erogatore deve essere considerata un trattamento con aria arricchita in ossigeno. In altre parole la percentuale di ossigeno si discosta da quella ottenibile con ossigeno liquido (concentrazione di O2 non inferiore al 99,5%) e generalmente, con alcune variazioni da costruttore a costruttore, raggiunge il 90-95% e comunque non scende mai al disotto dell'82%. Le principali normative di costruzione prevedono inoltre una tolleranza del ± 3% rispetto alle concentrazioni dichiarate dal fabbricante.

Al di là delle piccole variazioni da modello a modello, si deve ricordare che la concentrazione dell'ossigeno fornito da questo tipo di dispositivi, può anche variare a seconda di quale flusso d'aria si intende far raggiungere alla bocca del paziente. A titolo d'esempio, se un flusso di 1 litro/minuto è compatibile con una concentrazione di O2 da concentratore pari al 95% circa, aumentando il flusso fino a 5 litri/minuto la concentrazione di O2 decresce fino al 90% circa.
Normalmente questo decremento di concentrazione dell'ossigeno non ricopre alcun significato clinico, tuttavia è sempre buona norma rivalutare la saturazione d'ossigeno (SpO2) e la PaO2 anche dopo un adeguato periodo (circa mezzora) di respirazione con il flusso prescritto dal medico e erogato dal concentratore domiciliare.
La concentrazione d'ossigeno viene a ridursi anche a causa di altri fattori, tra cui principalmente difetti di funzionamento o problemi a carico dei filtri, specialmente del filtro antibatterico. Per questo motivo è comunque opportuno effettuare una adeguata manutenzione dell'apparecchio una volta al mese oppure ogni due mesi.
L'utilizzo del concentratore d'ossigeno comporta ovviamente un costo per il consumo di energia elettrica. Tale costo, calcolato per un apparecchio da 400 watt che funzioni per 20 ore al giorno, si aggira intorno ai 25-30 euro al mese. In alcuni paesi europei questa spesa viene rimborsata dal servizio sanitario. 
Secondo alcune linee guida per l’ossigenoterapia a lungo termine non è consigliato ricorrere all'uso del concentratore di ossigeno nel caso il paziente necessiti di flussi superiori a 5 litri al minuto.
Al di sotto di questo limite l'utilizzo del concentratore di ossigeno è certamente possibile anche se debbono essere sempre valutate le peculiari caratteristiche cliniche del paziente.
Secondo alcuni studi i risultati migliori con questo tipo di device si hanno per flussi di ossigeno intorno ai 2 litri/minuto, ovvero flussi che consentono concentrazioni di O2 non inferiori al 95%.

Il progresso tecnologico sta favorendo lo sviluppo di numerosi concentratori di tipo portatile alimentati da batterie interne di tipo ricaricabile che producono un flusso di ossigeno non medicinale (la cui concentrazione è cioè inferiore al 99,5%) a flusso intermittente, in modalità pulsata (ovvero erogazione di ossigeno nella prima parte dell'inspirazione) oppure a richiesta (ossigeno erogato per tutta l'inspirazione).

 

Se vuoi saperne di più riguardo l'elemento che ci tiene in vita, clicca qua: L'Ossigeno 

Scopri come funziona l'ossigenoterapia

 

Questo argomento è trattato in maniera più approfondita su wikipedia, di cui questo articolo è un estratto

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