Le malattie polmonari interstiziali sono un gruppo eterogeneo di disturbi con cause note, dovute da un'infiammazione polmonare diffusa, che spesso progrediscono fino alla fibrosi, compromettendo così gli scambi gassosi.
Non è raro quindi che ai pazienti affetti da questi disturbi venga richiesto l'utilizzo di ossigeno supplementare, con l'intento di arrestare la progressione o prevenire lo sviluppo di ipertensione polmonare indotta dall'ipossia, con la speranza di migliorare i sintomi e la qualità della vita.
Nonostante i benefici che i pazienti traggono dall'utilizzo dell'ossigeno ambulatoriale, quest'ultimo presenta numerosi inconvenienti - di natura pratica - che potrebbero compromettere la costanza nel suo uso. Infatti, i pazienti sono fisicamente vincolati da queste apparecchiature: sono impossibilitati a viaggiare in aereo con le bombole, spesso si sentono a disagio quando visti indossare la cannula in pubblico e i concentratori portatili spesso non generano flussi abbastanza alti. Inoltre, quando fuori casa, i pazienti devono trasportare, tirare o spingere i propri dispositivi di erogazione che generalmente possono pesare fino a 6 kg, affaticandoli ulteriormente.
Lo scopo di questo studio era quello di sapere come il peso del dispositivo di erogazione dell'ossigeno potesse influenzare la dispnea e le variabili fisiologiche durante l'attività fisica delle persone con malattie polmonari interstiziali (ILD). Con l'aiuto di 30 soggetti con ILD di diversi gradi di severità, suddivisi in due gruppi:
Ogni soggetto ha completato due test di camminata da 6 minuti ciascuna.
Per gli utilizzatori di ossigeno (gruppo A), il primo test è stato effettuato indossando uno zaino dal peso di 3.18kg contenente una bombola di ossigeno e, per il gruppo B, lo stesso test è stato condotto utilizzando uno zaino dal peso equivalente.
Durante il secondo test nessuno zaino è stato utilizzato: il gruppo A infatti ha ricevuto l'ossigeno tramite concentratore stazionario e cannula nasale.
I risultati sono stati molto chiari: indipendentemente dal gruppo di soggetti, indossando lo zaino si ha avuto un incremento della dispnea e dello sforzo percepito, mentre una riduzione della distanza percorsa la si è notata solamente nelle persone più colpite da ILD. Comparando il risultato ottenuto con il dispositivo portatile, la ricezione di ossigeno tramite concentratore stazionario ha di gran lunga aumentato la distanza percorsa dei tre soggetti più compromessi dalla malattia.
L'utilizzo di dispositivi portatili tra i pazienti con ILD, rispetto all'utilizzo di concentratori stazionari, porta ad un aumento della dispnea e una riduzione della distanza percorsa, effetti che sembrano essere amplificati nei pazienti che sono più compromessi dal punto di vista funzionale.
Dal punto di vista terapeutico, i professionisti in fase di prescrizione dovrebbero tenerne conto avvisando i pazienti di questo effetto, aiutando questi ultimi a decidere la migliore modalità di somministrazione cercando di soddisfare le loro esigenze.
Perché se da un lato l’utilizzo di un dispositivo stazionario - come da test - risulta la scelta migliore, è anche vero che non è possibile limitare la mobilità di un paziente vincolandolo dentro le mura domestiche.
Il mercato dell’ossigenoterapia è in continua evoluzione, da diverso tempo offre alternative dal peso ridotto e con un’efficienza paragonabile ad un concentratore stazionario, anche se l’autonomia, per ora, ad elevati litraggi è ridotta a poche ore.
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